26 giu 2008

Intervista su "Il Messaggero Umbria"


Lunedì 23 Giugno 2008

di GIANNI AGOSTINELLI


PERUGIA - Sfogli la classifica e vedi un distributore che scavalca un ristorante, o magari una pizzeria che non tiene il passo di una falegnameria. Le oscillazioni sono simili a quelle della Borsa, c’è anche chi raccoglie qualche sporadico segno “meno” (di zero, causa penalizzazioni). Trattasi semplicemente dei piazzamenti nei campionati Uisp del mondo pallonaro umbro. Sono gli sponsor che danno il proprio marchio alle squadre di amatori, anche se qualche volta succede che questi amatori preferiscano trovarsi un nome diverso, qualcosa che vada oltre lo sponsor. In questi casi, nove volte su dieci, la squadra finisce per essere battezzata con nomi ironici, divertenti. Tradizioni anche lontane, a Foligno, infatti, anni fa se la giocavano la Real Seleçao contro gli universitari dello Studiantes. Insomma tutti alla ricerca del titolo “giusto”. Costi quel che costi. Col rischio, ad esempio, che il nome venga storpiato dagli avversari, dall’arbitro e anche dai dirigenti Uisp. Può succedere, soprattutto se ti chiami Isotopi. E così c’è chi crede che il nome abbia a che fare con gli atomi e si immagina una squadra di scienziati. Ma c’è anche chi sbaglia a mettere l’accento e li pensa come ad una squadra ispirata ai roditori. «Il nostro nome – spiega Luca Peirano – arriva direttamente da Spriengfield, casa Simpson». Due amici, sdraiati sul divano a guardarsi il cartone animato e illuminati dalla squadra di baseball di Bart Simpson: gli Isotopi di Spriengfield. «Marco e Alessandro, altri due componenti della squadra - prosegue Luca – si sono innamorati di quel nome, lo hanno usato quattro anni fa per un torneo di calcetto e da lì ce lo siamo tenuto». E ora gli Isotopi si divertono nel campionato Uisp di calcio a 7, probabilmente allenano con più costanza il loro blog isotopi.blogspot.com piuttosto che il loro fisico. «Allenamenti? Qualche volta – dice Luca - magari il prossimo anno. Per ora facciamo qualche partitella di preparazione nella palestra di Montegrillo, oppure, in tre o quattro al massimo, andiamo a correre al percorso verde di Pian di Massiano. L’obiettivo è di giocare nel campionato Uisp a 11 e trovare un campo dove giocare e, magari, allenarsi una volta a settimana».Più che sogni di gloria, obiettivi realistici. Come quelli di un’altra squadra amatoriale, i Cuba Libre. «Ovviamente – spiega uno dei giocatori e fondatori della squadra, Andrea Buco – il nome non ha legami politici. E’ stata un’idea che ci è venuta col barman». Appoggiati al banco, a consumare Cuba Libre e con in testa la voglia di giocare a calcio. «Questo è il nostro decimo anno – spiega Andrea Buco -, abbiamo raggiunto il nostro scopo finale: giocare dieci anni. Dal ’98 siamo sempre gli stessi, ci ritroviamo sul campo di Ferro di Cavallo e ci divertiamo». Il ritmo negli anni è sicuramente un po’ calato, «l’età media supera i 35 anni, ma c’è anche qualcuno che arriva ai 46». «In panchina oppure…». «Titolare, ovviamente».Nei campionati Uisp quello dell’allenamento è un problema secondario. «Praticamente non ci alleniamo mai – spiegano i ragazzi dell’Hot Club -. Giochiamo a Corciano, la classifica dice che siamo sul fondo ma abbiamo tempo per allenarci soltanto sotto Natale. Per smaltire il panettone». Poi c’è chi sceglie il filone cinematografico per battezzare la propria squadra. A Bastia infatti è “rinato” Il Borgorosso di Alberto Sordi. «Ci ha ispirati il film di Albertone – spiega Marco Roccaforte – ma il nome lo prendiamo anche dal nostro rione». La classifica invece? «Dovremmo essere quinti». Oltre al nome, col celebre Borgorosso cinematografico ci sono altri accostamenti. «La nostra seconda maglia è uguale a quella del film, a strisce bianconere». In attacco quindi ci sarà anche un Sivori. «Magari. Abbiamo una punta di 42 anni. Diciamo che gioca alla Massaro, entra nel secondo tempo, però non segna mai». Dal Borgorosso alla Longobarda. «Veramente abbiamo dovuto registrarla con un nome più articolato – spiega un dirigente della squadra – perché dalla Uisp ci hanno detto che già altre squadre avevano scelto lo stesso nome. Così siamo diventati la Longobarda Flauto Magico». Più facile chiamarla soltanto Longobarda. Nella galleria delle incomprensioni all’ “anagrafe” della Uisp (stavolta calcio a 7) finisce pure il Victor Bahia. Pensi al portiere portoghese e ti smentiscono subito. «Non è un omaggio al portiere – sorride Daniele Ranocchia, giocatore e fondatore della squadra -. Abbiamo un amico che vive a Salvador, in Brasile. Siamo andati a trovarlo, eravamo un gruppo di amici, e sull’aereo del ritorno abbiamo deciso di fondare una squadra di calcio. L’abbiamo chiamata unendo il nome della squadra di Salvador, il Vittoria, e Bahia». E il gioco è fatto. Ora il Victor Bahia gioca a Todi, ha le maglie rigorosamente gialloverdi e durante i mondiali di calcio il tifo è per Ronaldinho e compagni. Il Victor Bahia ha anche organizzato una festa paesana condita dall’immancabile partita di pallone, e hanno portato l’intero incasso di quella giornata in Brasile, «in un villaggio vicino Salvador – continua Daniele – e donato alle famiglie e ai bambini che avevamo visto e conosciuto nel nostro viaggio».Dal Victor Bahia ai Bullocks. Nomi con provenienze opposte, per la stessa passione. «Giochiamo solo per divertimento, over 40 compresi – spiega Giulio Arena -. Abbiamo in squadra anche un 44enne, ma gioca soltanto per due partite l’anno». Non per i derby, non per le gare più importanti. «Quando manca gente», spiega con un sorriso. Ma ci sono anche storie più tribolate, come quella dei Red Devils – Ramazzano. Il campionato è quello di calcio a 7, ma le problematiche sono quelle dei grandi club in odore di fusione. «Da due squadre ne è stata creata una soltanto, ma la fusione non è andata a buon fine – dice Lucio Verducci -. Una volta eravamo soltanto i Red Devils di Casa del Diavolo».Qualcosa a che fare con il Manchester United? «Sì, l’ispirazione è venuta anche dai diavoli rossi dello United, ma in campo somigliavamo di più ad una squadra di Casa del Diavolo».

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